Perché punire? In base a quale potere e per quali scopi? Queste domande sono antiche quanto le società umane e nel tempo sono state date diverse risposte, sempre nel tentativo di attribuire un fondamento razionale allattività punitiva, per legittimarla e non ridurla a semplice espressione di forza. LAutore analizza le principali concezioni filosofiche (retributiva, emendativa, riparativa) che sono state elaborate, ne sottolinea pregi e difetti sulla base di una profonda convinzione: la colpa, la responsabilità e la pena rappresentano aspetti fondamentali dellesperienza morale di ogni uomo e al di fuori di tale contesto (che designa la vicenda storica, complessa e contraddittoria, della libertà umana) è molto difficile tentarne una comprensione. Partendo da questa convinzione lAutore propone un approccio diverso: guardare alla pena e a tutto ciò che ruota attorno ad essa sulla base di unantropologia personalistica, anche valorizzando aspetti essenziali della riflessione teologica (pentimento, esigenza di perdono e di rappacificazione, misericordia). Da tale punto di vista emerge, nellontologia della pena, una fondamentale esigenza riaffermativa e ricostitutiva delle relazioni umane che, in ultima analisi, sembra costituirne il fondamento. In questo senso la pena è propriamente segno di contraddizione: evidenzia unopposizione e un conflitto (in particolare fra il reo e la comunità sociale) ma, allo stesso tempo, ne segnala la necessità del superamento, auspica il recupero delle relazioni personali nellottica feconda della riconciliazione.