La legittimazione a ricorrere nel processo amministrativo ha smarrito la propria identità. La sua configurazione teorica, ancorata alla stretta identificazione con la titolarità effettiva di un interesse legittimo, stenta a trovare un'applicazione uniforme nei confronti di tutte le fattispecie che attualmente fondano l'accesso al giudizio amministrativo. Ne deriva un'inevitabile frammentazione, che separa la dominante nozione di legittimazione "sostanziale" dall'individuazione di molteplici e disordinate figure di legittimazione "speciale". È possibile ricomporre la legittimazione a ricorrere in un'unica nozione in grado di adeguarsi a tutte le ipotesi di ricorso al giudice amministrativo? È possibile ripensare tale figura in un'ottica prettamente processuale, che le restituisca il ruolo di autonoma ed unitaria condizione dell'azione giurisdizionale amministrativa? Lo studio muove da questi interrogativi per offrire una nuova lettura della legittimazione a ricorrere, che, attraverso un'analisi per "posizioni legittimanti", la riconduce a una dimensione naturalmente processuale e la identifica nell'affermazione astratta della titolarità di un interesse qualificato e differenziato, la cui tutela in fondo costituisce l'essenza stessa del giudizio amministrativo.