Il volume ripercorre la vicenda storica della tutela del paesaggio in Italia. Un diritto cangiante in cui le previsioni normative assorbono e riproducono le mutevoli visioni culturali intorno all'idea del paesaggio, sempre stretta tra conservazione e mutevolezza. Un diritto dunque alimentato da procedure amministrative e classificazioni vincolistiche, forgiato più dai Soprintendenti che non dalla giurisprudenza, almeno per buona parte del Novecento. La legge Bottai del 1939 costituisce una sorta di architrave normativa, capace di proiettarsi nel passato e nel futuro: punto d¿arrivo delle prime tutele in tema di bellezze naturali e punto di partenza in materia paesaggistica che orienta e condiziona persino la lettura dell'art. 9 cost. sino alla grande svolta dottrinale costituita dal - paesaggio integrale - di Alberto Predieri. Una legge riletta anche come piattaforma normativa delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico che riassumono le vicende di concreti paesaggi con storie da raccontare emergenti nelle pieghe del vincolo, spesso inefficace o tardivo. Dalle bellezze naturali al diritto ambientale, la tutela paesaggistica si evolve seguendo le dinamiche del difficile incontro tra diritto e natura. Il punto d'arrivo è costituito dall'eredità novecentesca che si ritrova all'interno del Codice dei beni culturali e del paesaggio: una sorta di ponte tra il passato che ancora risente della legge Bottai ( il Novecento da cui è difficile uscire) e il futuro della sostenibilità ambientale alla ricerca di un diritto. Quasi un secolo di tutela, dalla legge Croce sino al presente, ricostruito intorno alla mutevolezza del concetto di paesaggio: prima inteso per lungo tempo, anche dopo la Costituzione, come eccezione estetica, poi ricostruito sul piano concettuale da giuristi come Alberto Predieri e Massimo Severo Giannini nell'ottica innovativa di un diritto capace di affrontare i nodi della questione ambientale sino ad arrivare alla centralità culturale sancita dalla Convenzione europea del 2000 e nella codificazione che segna un nuovo distacco dal diritto dell'ambiente. Una storia dunque anche di paesaggi culturali e di culture del paesaggio. La storicità costituisce il filo conduttore in grado di evidenziare quello che può ancora vedersi e quello che non più essere visto e una metodologia in grado di creare un raccordo tra la tutela del paesaggio e la sostenibilità ambientale.