PLASTINA, S. / / DE TOMMASO, E.
Nell'incipit dell'epistola dedicatoria del suo The Revolution of Sweden (1706), Catharine Trotter Cockburn (1679-1749) dà voce a un malessere, radicato e diffuso tra le donne del tempo, relativo all'«infondato costume» di contrastare e scoraggiare «quelle del nostro sesso che vorrebbero migliorare le proprie menti e impiegare il proprio tempo in una qualche scienza o arte utile». In età moderna persiste ancora un antico pregiudizio sulle capacità intellettuali e politiche delle donne, sostenuto dalla diffusa convinzione che la fisiologia della loro costituzione le penalizzi in tutte le attività della mente e in quelle ad esse collegate. Le numerose voci che in quest'epoca si levano contro tale pregiudizio concordano nell'individuare un'unica causa della disparità di genere: l'intenzionale esclusione delle donne dall'istruzione. La gerarchia sociale cristallizzata e l'incasellamento della donna in ruoli subordinati determinano una certa atrofia delle sue naturali doti intellettuali e una ristretta partecipazione alla vita culturale. Ciononostante, già in questo periodo, emergono alcune figure femminili che si affermano come letterate, drammaturghe, filosofe e scienziate. La loro presenza sulla scena intellettuale del tempo è tutt'altro che marginale o estemporanea, come mostrano i saggi raccolti nel presente volume. Si tratta, pertanto, di un'epoca nella quale, a dispetto dei radicati pregiudizi di genere e dei consolidati meccanismi di esclusione, le donne contribuiscono attivamente alla vita culturale e sociale europea. Al contrario di quanto per secoli hanno raccontato le narrazioni tradizionali della storia intellettuale occidentale, le donne fanno sentire la loro voce ben prima che l'esperienza del femminismo della fine del diciottesimo secolo diventi militante. Il presente lavoro persegue dunque il fine di contribuire, in un quadro più ampio, all'impegno di una comunità scientifica che si è assunta la responsabilità di sottrarre queste voci al silenzio.